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La visione Storica

Origini del culto
La nascita dei culti angelici e di quello micaelico in particolare e' antichissima. Probabilmente l'origine puo' essere ricercata nel ricco pantheon della religione persiana 1.
Nella religione iranica 2 forte era la contrapposizione tra il bene e il male, tra luce e tenebre, tra divinita positive in perenne contrasto con quelle negative.
Mithra era associato al sole ed era considerato un dio guerriero e giudice degli inferi; per questo, nell'iconografia, reggeva nella mano una sfera che simboleggiava il cosmo di cui egli era considerato signore ed animatore. Egli era anche il dio della lotta contro il male e veniva raffigurato mentre uccideva il toro sacro, dal corpo e dallo sperma del quale nascevano le piante e gli animali utili.
Mithra faceva parte, nella religione mazdaica, degli yazata (= venerabili), dei-angeli che fungevano da tramite tra il Dio e gli uomini. Tra i loro compiti vi era quello di pesare le azioni degli uomini e di accompagnare nell'oltretomba i trapassati 3.
L'attributo della sfera e le diverse funzioni di Mithra saranno assorbite, in seguito, dalla figura di san Michele.

1 La religione dell'antico Iran riconosceva come dio supremo Ahura-Mazdah, figlio di Zurvan, contrapposto al fratello Ahriman che incarnava una divinita negativa. Il pantheon religioso era completato da altre divinita'. La contrapposizione tra bene e male era considerata provvisoria, perche alla fine dei tempi Ahriman avrebbe perso ogni potere. Accanto al dio del bene vi erano le figure di sei arcangeli (amesha spenta = santi immortali). Questi sono: VohuManah (buon pensiero-protettore del bestiame), Asha (rettitudine-protettore del fuoco), Armaiti (docilita-protettore della terra), Khshathra (regno-metallo), Haurvatat (integrita protettore delle acque) e Ameretat (immortalita - protettore delle piante). A questi si aggiungevano vari yazata (= venerabili), una sorta di angeli subordinati, esseri intermedi tra il dio ed il mondo terreno, questi erano Anahit, Mithra, Hvara Khshaeta, Mah, Zam, Atar, Apam, Napat e Vayu. Vi erano poi i Fravashi che avevano una funzione analoga a quella del nostro Angelo Custode. Nel VIII secolo a.C. Zoroastro riformo la disciplina religiosa, disponendo che tutte le altre divinita' non erano altro che emanazioni di Ahura-Mazdah, proibendo i sacrifici cruenti e l'inumazione dei cadaveri. La condotta dell'uomo doveva ispirarsi a tre principi cardini: "buoni pensieri, buone parole, buone azioni".
AA., VV. 1993, pp.4-5, pp. 23-24, pp.393-394.
Ghrishman 1982.
2 La religione persiana sosteneva che ogni uomo era assistito da un angelo.
Simonetti 1994, p.307.
3 AA.VV. 1993, pp.205-206, p.394.

Nel mondo pagano il termine gangeloh non aveva il significato che noi oggi gli attribuiamo: Omero definisce Hermes angelos degli dei, conferendo al termine il significato di messaggero. Omero indistintamente utilizza il termine sia per gli uomini che per gli dei. I casi in cui la parola angelos assume il significato attuale d'angelo, ossia una condizione intermedia tra uomo e Dio, sono molto rari nell'antichita e quando s'incontrano risentono degli influssi delle religioni orientali (mazdeismo e mitraismo).
Una categoria intermedia tra uomo e Dio era per i greci quella dei demoni. Questi potevano essere sia benigni che maligni e potevano influire sulla vita dell'uomo. Filone d'Alessandria, nel I secolo a.C., identifico' la vera natura degli angeli, esseri superiori, distinguendoli dai demoni: i demoni risiedono nell'aria, gli angeli nell'etere e rispetto ai demoni sono di sostanza meno materiale 4.
Con Filone gli angeli perdono la funzione di meri ambasciatori e divengono portatori di rivelazione per gli uomini, presiedono alla creazione, proteggono il genere umano e accompagnano le anime in cielo 5.
Gli angeli sono presenti anche nel Vecchio Testamento e sono individuati con il termine malfak che significa messaggero; essi sono spesso caratterizzati da un atteggiamento guerriero e costituiscono l'esercito di Jahve. Non e' possibile definire se il mondo giudaico abbia ereditato la figura dell'angelo dalla religione iranica o se gia esistesse e l'influsso persiano l'avesse solo potenziata 6. Certo e che il Talmud afferma: gc i nomi degli angeli vennero ad Israele da coloro che tornarono dalla cattivita di Babiloniah. La tradizione ebraica, difatti, riporta le indicazioni di migliaia di nomi, cosa che non e stata del tutto accettata, in seguito, dalla religione cristiana. La devozione agli angeli combina tutto un insieme di credenze bibliche, giudaiche, gnostiche e pagane 7.
4 Simonetti 1994, p.305.
5 Simonetti 1994 pp.305-306.
6 Simonetti 1994 pp.306-308.
7 Martin Hisard 1994, pp.360-361.

Nella religione cristiana la figura di Michele si distacca ben presto dall'indistinta moltitudine angelica. Nelle sacre scritture il nome dell'Arcangelo Michele, in ebraico Mi kafel (= chi come Dio), e' il grido di guerra in difesa dei diritti dell'Eterno e viene menzionato diverse volte. In Daniele (10,21) Michael e uno dei capi supremi che viene in aiuto del profeta, mentre in Daniele (12,1) lotta in difesa dei giudei perseguitati da Antiochio IV. Nell'Apocalisse (12,7-9) Michele e i suoi angeli combattono contro il drago e gli angeli ribelli 8. Nell'Epistola di Giuda e definito, per la prima volta "Arcangelo" e lotta contro il diavolo per difendere il corpo di Mose. San Paolo (I Thess 4, 16) dice: "il Signore al segnale dato dalla voce dellfArcangelo scendera dal cielo". Nel Vangelo di Giovanni (5,4) ha funzione di taumaturgo e guarisce gli infermi per mezzo dell'acqua 9.
In altre parti delle Sacre Scritture e' denominato principe, capo degli angeli, anche se bisogna considerare che nei Vangeli apocrifi tali appellativi sono rivolti anche a Gabriele ed Uriele 10. Nei manoscritti di Qumran compare nelle vesti di capo dell'esercito celeste che, insieme agli angeli fedeli, dirige la grande battaglia escatologica contro il male e porta al definitivo trionfo dei giusti sui peccatori. A differenza di Gabriele, angelo dell'Annunciazione, e Raffaele, compagno di strada di Tobia, Michele non e legato in maniera specifica a nessun essere umano. Egli, chiaramente, non ha reliquie ne tombe, non ha una vita o gesta da raccontare.
Agli inizi della diffusione del culto, in Oriente, Michele e generalmente identificato come patrono delle acque fluviali e curative, medico, guerriero a difesa del popolo cristiano e psicopompo 11. Riunisce in se molte funzioni ed attributi di divinita pagane, che possono mutare secondo la localizzazione geografica del suo culto. La devozione, inizialmente, ha una forte connotazione iatrica, ed e' collegata alle virtu' terapeutiche delle acque.


8 Hall 1996, p.278.
9 Piemontese 1997, p.13.
10 AA.VV 1967 vol IX, pp.410-416.

Quando il culto s'impianta su precedenti santuari dedicati ad Asclepio, a Calcante ed a Podalirio assume anche la pratica dell'incubatio, come pare avvenisse a Chonae, nella grotta di Monte Sant'Angelo 12 ed a Costantinopoli nel santuario del Sosthenion, la cui fondazione talune fonti attribuiscono a Costantino.


La diffusione del culto in Oriente
Il culto di San Michele sembrerebbe diffondersi inizialmente in Asia minore e nello specifico in Frigia, a Chonae gia nel III secolo d.C.13. Simeone Metafraste vorrebbe far risalire al I secolo d.C. un'apparizione dell'Arcangelo a Cheretopa, dove avrebbe fatto sgorgare dell'acqua miracolosa. Probabilmente, proprio questa testimonianza conferisce una caratteristica costante a tutti i santuari frigi: la presenza di sorgenti prodigiose.
Un'altra antichissima leggenda greca, pervenuta in tre redazioni ed attribuita al VI-VII secolo, narra che a Chonae 14, nel luogo dove era venerato l'Arcangelo, gli apostoli Giovanni e Filippo fanno scaturire un'acqua miracolosa. Gli abitanti del luogo, in parte ancora pagani, saputo del miracolo deviano due fiumi per distruggere l'oratorio e la fonte ma l'Arcangelo crea una voragine che inghiottisce i due fiumi e trasforma i pagani in statue 15. Il santuario diviene meta di pellegrinaggi sin dal IV secolo.
Il culto sia in Frigia sia nella regione di Costantinopoli parrebbe sostituirsi a quello di Attis compagno di Cibele 16. Anche il culto di Attis 17 e' associato alle montagne ed alle sorgenti.

11 Otranto 1990, p11.
12 Piemontese 1997, p.15.
13 Petrucci 1967, p 340.
14 Il santuario di Chone non va localizzato nell'attuale villaggio di Chone ma nell'antica citta di Colosse.
AA.VV. vol IX, p.415.
15 Il sei settembre viene commemorata l'apparizione dell'Arcangelo ed il miracolo da lui operato.
16 Mango 1984-86, pp.39-62.
17 Attis e' l'antica divinita frigia della vegetazione, rappresentata sotto l'aspetto di un giovane e bellissimo pastore, ed e legata al culto della Grande Madre. Secondo il mito, Attis da fanciullo era stato esposto sulle rive del fiume Sangario, scoperto da Cibele, era stato da lei amato. Impedito poi dalla gelosia della dea di contrarre matrimonio, in preda alla follia si eviro. Cibele colta dal rimorso lo trasformo' in pino, l'albero sotto cui era morto per la ferita infertasi. Il culto, insieme a quello di Cibele, passo dall'Asia minore in Occidente ed a Roma, dove ebbe la sua consacrazione ufficiale al tempo di Claudio, assumendo forma di dramma mistico sulla morte e resurrezione del dio. Il rito si svolgeva nel periodo dell'equinozio di primavera: i dendrofori trasportavano in processione solenne sul Palatino un pino avvolto in bende; poi dopo giorni di digiuno e lamentazioni, i Galli (nome di un fiume della Frigia: Gallo) sacerdoti di Attis, si flagellavano e quelli che aspiravano a divenire sacerdoti si eviravano con una pietra tagliente, mentre gli iniziati venivano battezzati con il sangue di un toro. Il rito si concludeva con banchetti e mascherate a carattere orgiastico, celebranti il dio risorto.

Le prime attestazioni del culto in Egitto risalgono alla fine del II secolo. L'effige dell'Arcangelo compare sugli amuleti fabbricati dai seguaci di Basilide 18, gnostico alessandrino vissuto alla fine del II d.C. L'Arcangelo, archistratega delle schiere celesti, gode di una grande popolarita' avendo sconfitto il diavolo Mastema. Conventi e cappelle gli sono dedicati in tutto l'Egitto e non manca mai un luogo di culto intitolato a Michele nei punti chiave di difesa del paese. In Egitto assume la funzione specifica di intercedere presso Dio affinche' mandi la piena ottimale del Nilo. La sua figura e stata talvolta assimilata a quella del dio egiziano Toth in quanto partecipa al Giudizio universale. Anche in questa zona ha la funzione di medico e guaritore 19.
La devozione si diffonde ampiamente a Costantinopoli nel V secolo e da qui passa in Occidente scegliendo come sedi privilegiate le sommita' dei monti e le grotte con sorgenti d'acqua20. Durante il V secolo il culto si diffonde in Caria, Bitinia, sulle rive europee del Bosforo ed a Costantinopoli dove con Giustiniano ha la sua massima diffusione.
L'introduzione del culto a Costantinopoli non si puo datare con precisione; si sa che nel VI secolo esistevano nella capitale e nei suoi sobborghi una decina di chiese con la dedicazione all'Arcangelo. Sozomeno e Niceforo attribuiscono a Costantino la fondazione del santuario presso Hestiae sul Bosforo, da identificarsi con il Michaelion di Anaplo, e poiche vi si praticava l'incubazione si e supposto che in questo caso Michele abbia sostituito il culto di Esculapio 21.
Al V-VI secolo e ricondotta la fondazione del Sosthenion sul Bosforo, la cui istituzione pero taluni autori attribuiscono a Costantino. Il complesso, gia in rovina nel IX secolo, e restaurato dall'imperatore Basilio I godendo in seguito di numerosi lasciti.

18AA.VV. vol. IX, 1967, p.415
19 Del Francia 2000, p.53.
20 Mango 1984-86, p.62.


Il secolo VIII segna l'epoca in cui sono gettate le basi per il successivo sviluppo del culto dell'Arcangelo guardiano. Grande impulso gli e dato dal concilio del 787, tenutosi a Nicea, dove si stabilisce che si potevano fabbricare le immagini degli Angeli, creature al servizio di Dio che ogni tanto appaiono all'uomo 22. Nel IX secolo si rinvengono le maggiori attestazioni del culto allfArcangelo e con Basilio I e la sua dinastia si moltiplicano le dedicazioni all'Archistratega. Nel 873-74 il patriarca Ignazio costruisce, sulla riva asiatica della Propontide, il monastero di Satyros dedicandovi una chiesa a Michele 23. L'imperatore Niceforo gli consacra nel 872 un altare, avendo rinvenuto, nel corso di una battuta di caccia, una mensa con una colonna su cui vi era scritto Questo e' l'altare di Michele principe della milizia celeste, che Andrea apostolo pose24.
A partire dal IX secolo aumenta la frequenza del nome Michele nell'onomastica bizantina, mentre si e notata la quasi totale assenza del nome nei secoli precedenti. La diffusione maggiore avverra' comunque con gli Angelos che faranno di Michele il protettore della dinastia ed apporranno la sua effige sulle monete 25.
Nel corso dell'XI secolo la letteratura bizantina dara' ampio spazio ai testi agiografici sull'Arcangelo 26.


21AA.VV. vol IX, p.417.
22 La frase e' estrapolata da un'omelia di Giovanni di Tessalonica che riporta le parole del patriarca Tarasio che presiedette il concilio di Nicea.
Martin Hisard 1994, p.365.
23 Martin-Hisard 1994, p.355-6.
24AA.VV. 1967 vol X, p.417.
25 Cutler, Nesnitt 1986 pp.219-239.
26 Anche nelle omelie ampio spazio eì dedicato a Michele. L'omelia pronunciata da Teodoro lo studita per la festa delle Armate Celesti e' dedicata all'Arcangelo ed e' un vero e proprio corpus del Vecchio e Nuovo Testamento. Sono descritti gli interventi degli angeli ed in particolare dell'Angelo di Dio in favore dell'umanita'. Gli stessi temi sono ripresi da Michele di Syncelle; egli identifica, senza dubbio, l'Angelo di Dio con Michele. Questo concetto viene fatto proprio ed ampliato in una serie di omelie pronunciate, negli anni 843-867, dal diacono ed archivista della Santa Sofia Pantaleone. Una di queste omelie viene pronunciata l'8 novembre nella chiesa d'Eusebion (fondata nel VII secolo) dove vi era un'icona miracolosa dell'Arcangelo. L'omelia racconta la storia del mondo, attraverso i miracoli di Michele ed i suoi interventi in favore sia del popolo d'Israele che dei Cristiani. Anche Pantaleone identifica senza dubbio l'Angelo di Dio con Michele. Quindi e l'Arcangelo Michele che ferma la mano d'Abramo, che lotta con Giacobbe, che cammina con Mose' durante l'Esodo, che combatte con Satana per il corpo di Mose', che da coraggio a Gedeone nella battaglia, che batte Goliath, che salva il re Ezechiele, che aiuta il fanciullo nella fornace e Daniele nella fossa dei leoni, che fa muovere le acque nella piscina Betesda, che libera gli Ebrei dalla cattivita' persiana e che libera Pietro dalla prigione.
Uniti a questi episodi, vengono riportati i miracoli storici che iniziano con la fondazione di Costantinopoli e giungono sino all'epoca dell'autore. Michele e' considerato il guardiano di Costantinopoli e della sua popolazione avendo salvato tre volte la citta dagli assalti degli Avari, dei Persiani e degli Arabi. Il testo, cosi com'e' articolato, fa pensare piu' alla descrizione della vita di un santo che non alle gesta di un Arcangelo. Il manoscritto di Pantaleone fu tradotto in diverse lingue ed ebbe quindi un'ampia divulgazione giocando un ruolo importante per la diffusione del culto dell'Arcangelo

Tra il 1078 ed il 1081 Nicefor/ Botaniate annotera'
i miracoli compiuti dall'Archistratega, mentre, sul finire del secolo, Michele Psellos descrivera' alcuni miracoli operati dall'Arcangelo 27 in un non ben definito monastero a lui dedicato, fondato dall'imperatore Eraclio nel VII secolo, a seguito della vittoria sui Persiani e' dotato di una reliquia della Vera Croce. Psellos, nel corso del suo trattato, chiamera' Michele indistintamente con l'appellativo di "Archistratega", "Arcangelo", ma mai con quello di "Santo".
Inizialmente l"Arcangelo e' venerato indistintamente come taumaturgo, protettore delle acque curative in special modo in Asia minore, e come archistratega delle armate celesti. A partire dal VII secolo, con l'allontanamento della minaccia araba 28, la sua funzione militare prendera' il sopravvento ed in questa veste il culto raggiungera' l'Occidente.
La diffusione in Occidente
In Occidente il culto di San Michele si diffonde inizialmente, per l'influenza della cultura bizantina. Qui l'Arcangelo si manifesta per la prima volta nel 306, a Costantino nell'imminenza della battaglia contro Massenzio 29.
Nel V secolo nasce in Puglia, a Monte Sant'Angelo, il luogo piu sacro dedicato all'Arcangelo 30. La tradizione narra che il pastore Gargano, inseguendo un toro della sua mandria che si era rifugiato in una grotta, gli scocco' una freccia che, miracolosamente, torno indietro ferendolo.

27 I miracoli si potevano ottenere mediante l'intercessione della croce, del nome di Michele, dell'olio di una lampada che bruciava davanti all'immagine dell'Arcangelo o per la sola visita al santuario o alla sua foresteria. I prodigi sono di diversa natura ma tutti legati alla vita quotidiana: guarigione dalla febbre, dalla possessione demoniaca o liberazione dall'invasione di bruchi ecc.
Martin Husard 1994, p.356-359.
28 L'Arcangelo era considerato il protettore di Costantinopoli.
29 Eusebio riporta che, la notte seguente l'apparizione della Croce con intorno la scritta In hoc signo vinces, comparve in sogno a Costantino l'Arcangelo Michele sotto le sembianze di Cristo e gli ordino' di mandare innanzi alle truppe il labaro con l'effige della Croce e con il nome di Gesu', promettendogli cosi' la vittoria. In seguito Costantino sostenne di vedere sempre innanzi alle sue truppe un cavaliere armato con uno stendardo crucisegnato che egli identifico' con San Michele. Nel corso della battaglia di Adrianopoli questo cavaliere appare accompagnato da altri due giovani (gli Arcangeli Raffaele e Gabriele). L'Arcangelo comparve anche a Gallicano, generale di Costantino, nell'imminenza della battaglia contro gli Sciti, invitandolo a portare in battaglia lo stendardo con la Croce.
30 Il Santuario s'impianta su un precedente luogo di culto dedicato a Calcante, l'acqua che sgorgava nella grotta era stata gia' motivo di pellegrinaggi per purificare il bestiame.
Gasparri 1983, p.156.

Il vescovo di Siponto venuto a conoscenza dell'accaduto ordino' tre giorni di digiuno e preghiere, trascorsi i quali San Michele gli apparve in sogno rivelandogli che aveva eletto la grotta a suo santuario. Nell'episodio del toro e di Gargano, vale a dire nel nucleo piu antico dell'Apparitio s. Michaelis in monte Gargano 31, si ravvisano le tracce del passaggio dagli antichi riti pagani al culto cristiano micaelico.
Nel territorio garganico, da sempre aperto agli scambi commerciali e culturali con l'Oriente, s'impianta quindi, nel V secolo, la venerazione per San Michele. Di qui il culto si diffonde nel resto della penisola, sia nelle zone dipendenti da Bisanzio che nei territori longobardi. L'area sipontina, comprendente il Gargano, rimane sotto l'influenza bizantina sino al VII secolo. Quando i Longobardi di Benevento sul Gargano sconfiggono, 8 maggio del 674, i Bizantini, la regione passa sotto la loro giurisdizione e con essa il santuario.
Durante il regno di Grimoaldo il culto micaelico si propaga anche alle regioni del nord Italia. Grimoaldo utilizza la vittoria sui Bizantini per dimostrare la benevolenza dell'Arcangelo nei confronti del popolo longobardo. La diffusione del culto di san Michele potrebbe essere ricondotta ad un tentativo dello stesso Grimoaldo di pacificare gli ariani ed i cattolici, in quanto il culto dell'Arcangelo era praticato da ambedue gli schieramenti 32.
Paolo Diacono riporta nella sua Historia Langobardorum che il perfido Alahis vide il volto dell'Arcangelo tra i combattenti del pio re Cuniperto. Con Cuniperto l'immagine dell'Arcangelo, in veste di guerriero armato di lancia e di spada, fu raffigurata sulle monete 33.
In ambito longobardo il culto sembra tralasciare la funzione iatrica e san Michele si va connotando sempre di piu' come "protettore delle milizie" ed "Arcangelo giustiziere".


31 L'Apparitio e' il testo fondamentale per ricostruire le origini del culto micaelico sul Monte Gargano. Il nucleo originale, in cui viene descritto l'episodio del toro, la consacrazione della basilica e le guarigioni operate dal Santo mediante l'acqua che sgorgava dalla roccia, dovrebbe risalire al VI secolo; una seconda fase redazionale dovrebbe essere stata scritta dopo la conquista del santuario da parte dei Longobardi e percio' datata ai secoli VII-VIII.
32 Bognetti 1967-8, p.334
33 Gasparri 1983, pp.155-156.

La funzione, poi, di san Michele quale "pesatore d'anime" deve aver spinto i Longobardi a collocare di frequente, nel mezzo dei loro cimiteri, una cappella dedicata a Michele 34.
Notevoli sono poi le affinita' tra san Michele (guida delle anime in Paradiso, Praepositus Paradisi nel Giudizio Universale e comandante degli eserciti celesti) e l'antico dio tribale Odino-Wotan, anch'egli divinita' militare ed inferica. La forte analogia tra le due figure si coglie nell'Apparitio: S. Michele compare sul Gargano tra tuoni e fulmini e colpisce i napoletani con saette di fuoco. Appare quindi evidente il collegamento con Odino che, tra le sue funzioni, ha anche quella di dio dei cieli tempestosi 35. Michele si sostituisce quindi al culto pagano di Odino. Nell'Origo gentis langobardorum Odino guida le migrazioni iniziali dei Longobardi, ma quando giungono in Italia il mito e rivisitato in chiave cristiana e, secondo la Chronica Sancti Benedicti Casinensis (IX secolo), e l'Arcangelo che li conduce quando invadono il territorio beneventano: l'opera che il mito pagano aveva fatto iniziare a Wotan fu terminata, secondo la leggenda cristiana, dall'Arcangelo guerriero 36.
La devozione quindi, inizialmente diffusasi per influenza bizantina, riceve con i Longobardi la definitiva consacrazione ed una ben piu ampia diffusione.
Le prime attestazioni sul suolo italiano della diffusione del culto sono alcune iscrizioni in lingua greca, probabilmente a carattere apotropaico. Si tratta di un'iscrizione tombale rinvenuta a Siracusa dove si legge la sigla Xƒªƒ¡, di un mattone del III secolo con analoga iscrizione rinvenuto a Roma, di una lamina plumbea ritrovata a Pozzuoli e di una laminetta d'oro contenuta nella tomba della moglie d'Onorio 37.
Nell'arco del V secolo si apprendono notizie d'intitolazioni da alcune lettere di Papa Gelasio, scritte negli anni 493-494, in cui il Papa concede il permesso al vescovo di Larino ed a quello di Potenza di dedicare luoghi di culto all'Arcangelo 38.

34Bognetti 1967-8, p.335.
35 Gasparri 1983, pp.156-158.
36 Gasparri 1983, p.159.
37 Petrucci 1967, p.341.
38Bertelli p.134, 1986.


In Umbria vi e' notizia, nel corso del V secolo, di due chiese dedicate a Michele di cui una a Perugia ed un'altra a Spoleto 39.
Le consacrazioni all'Arcangelo si diffondono assai presto anche nel Lazio. L'intitolazione della cappella di Castel Giubileo, lungo la via Salaria, sembrerebbe precedere, anche se di pochi anni, la dedicazione della grotta garganica 40. La cappella e' gia in rovina nei primissimi anni del VI secolo tant'e' che il pontefice Simmaco ne ordina il restauro 41. Sempre nel corso del VI secolo l'Arcangelo appare, durante una processione, sulla sommita' del mausoleo d'Adriano, predicendo la fine di una terribile pestilenza e l'arrestarsi dell'invasione longobarda. A seguito di tale prodigio il mausoleo e' trasformato dal papa Bonifacio V in chiesa cristiana dedicata all'Arcangelo.

Salerno
In Campania il culto 42 si attesta intorno alla fine del VI secolo.


39Baudot 1971, p.17.
40 Martin 1992, pp.376-7.
41Gothein 1929, p.384.
42 In ambito campano la prima notizia si deduce da uno scritto di Gregorio Magno del 591, nel quale e' citato un oratorio monastico dedicato a San Michele ubicato presso il castrum Lucullanum (Napoli). Nella medesima lettera il Papa menziona un altro insediamento micaelico situato a Tropea in Calabria. In una lettera scritta tra il 559 ed il 600 Gregorio cita, nella citta' di Napoli, un monastero dedicato all'Arcangelo.
Le notizie, per i secoli V-VI, appaiono comunque scarse e frammentarie e non permettono di seguire la nascita e l'espansione sul territorio italiano dei luoghi di culto consacrati a san Michele.
L'iniziale diffusione al sud del culto e precedente l'arrivo dei Longobardi ma con l'annessione della diocesi di Siponto a quella di Benevento e con il passaggio della grotta garganica sotto la giurisdizione beneventana il culto per l'Arcangelo riceve un notevole impulso.
Secondo un testo agiografico beneventano del IX secolo, l'assorbimento del santuario garganico, avvenuto nel 663, sarebbe stato assegnato dal duca Romualdo al vescovo di Benevento Barbato. Il culto trovo quindi una piu' ampia diffusione presso la gente longobarda proprio nel momento in cui si faceva piu' aspra la battaglia contro i residui di paganesimo che erano tra loro diffusi. La politica religiosa della regina Teodolinda aveva avuto scarsa influenza tra le popolazioni meridionali; il definitivo abbandono dell'arianesimo, tra la popolazione della Langobardia minor, avvenne solo mediante l'operato del vescovo Barbato. Le dedicazioni di chiese all'Arcangelo hanno probabilmente, in questo determinato periodo, l'intento di estirpare gli ultimi residui di paganesimo.
Un documento dell'anno 830 menziona, a Gaeta, una chiesa dedicata a San Michele situata sul Mons Altinum; e sempre a Gaeta per l'anno 958 si rinviene la notizia di una cappella intitolata all'Arcangelo che riutilizza i resti di una villa romana. La villa, poi oratorio, si trova sul Monte Orlando che separa Gaeta dal suo entroterra. L'insediamento di Sant'Angelo in Formis sul Monte Tifata, citato per la prima volta nell'anno 940, cosi come l'oratorio del Monte di Orlando, s'insedia su una precedente struttura d'epoca classica in questo caso il tempio di Diana Tifatina. Il primitivo impianto cristiano dovrebbe risalire ai secoli VI-VII. Un documento del 937 cita la presenza a Napoli del convento di San Michele in Fistulafracta, mentre nel 956 si rinviene la prima menzione del monastero di San Michele di Baiano.

Per il territorio salernitano una delle prime notizie della pratica del culto micaelico e' riportata nel manoscritto del monaco Bernardo, che di ritorno dalla Terra Santa, nel 870, visita la Grotta sul Mons Aureus ad Olevano sul Tusciano dedicata all'Arcangelo 43
Nei documenti del X secolo s'intensificano le menzioni a monasteri consacrati all'Arcangelo. Degli inizi del X secolo e la prima notizia relativa il monastero femminile di San Michele sito nella citta di Salerno, mentre risale al 963 la prima menzione del monastero di Sant'Arcangelo in Mons Coraci nel Cilento 44. Si nota una strana ed inspiegabile assenza di dedicazioni all'Arcangelo nella citta di Benevento; un solo documento del 756 denomina il monastero usualmente menzionato come San Benedetto in Xenodochio come San Michele e San Benedetto 45. Per l'area beneventana, pero', tra l'XI ed il XII secolo le dedicazioni a San Michele aumentano sensibilmente: in questo periodo 18 chiese dedicate all'Arcangelo dipendono dalla Santa Sofia di Benevento.
Di molti altri insediamenti c'e' pervenuto purtroppo solo il nome come Sant'Angelo a Cerros ubicato sulla linea di frontiera che divideva i territori salernitano e beneventano; Sant'Angelo in loco Altissimus concesso nel 774 al monastero di Santa Sofia di Benevento.
Dati interessanti provengono dalle Rationes Decimarum relative ai secoli XIII-XIV46. Le Rationes segnalano un'alta concentrazione di luoghi di culto micaelici nel salernitano indicando 39 insediamenti, mentre per la Puglia 26 strutture, per la Calabria, 24 e per la Basilicata solamente 8.

43 Il culto nel salernitano appare molto frequente in grotta, ne sono esempio la grotta dell'Angelo a Preturo di Montoro inferiore, la grotta dell'Angelo sul monte Falesi, il santuario di San Michele di basso a Fisciano, la grotta dell'Angelo a Prepezzano, la grotta di San Michele Arcangelo sul monte Civita ad Atrani, la grotta dell'Angelo a Sant'Angelo a Fasanella, la grotta di San Michele a Caselle in Pittari, la grotta di Valva.
44 Il monastero italo-greco, come la maggior parte dei luoghi di culto cilentani, ebbe una notevole importanza nella gestione del territorio avendo molte dipendenze e quindi ricche rendite.
Ebner 1982, p.279.
45Martin 1992, pp.380-2.
46Martin 1992, pp. 379-80

Delle 201 chiese micaeliche censite in Campania la maggior parte e ubicata nei territori di confine tra Napoli e Capua e nel territorio di Nola, che, pur facendo parte del ducato napoletano, costituisce una zona di frontiera 47. Questa dislocazione lascerebbe ipotizzare che tali insediamenti possano aver avuto, anche, una funzione apotropaica, affidando all'Arcangelo il compito di difendere il territorio, cosi come a Capua, nel X secolo, vi e una porta dedicata a san Michele ed a Napoli, nel 924, una chiesa dedicata all'Arcangelo sorge presso le mura.
Anche per la citta di Salerno numerose sono le dedicazioni all'Arcangelo.
Al 940 risale la prima menzione della chiesa di San Michele, situata nel vicus di Santa Trofimena. Nel 1503 la stessa e denominata "Sant'Angelo de Marronibus". Nel 1661, versando in uno stato indecente, si decise di trasferire la cura delle anime alla vicina chiesa di Santa Trofimena. Un documento ottocentesco descrive il sito dell'antica chiesa, situata nel vicolo dell'Angelo.
Al 930 risale la prima menzione alla chiesa di Sant'Angelo. La chiesa e descritta, nel 1077, quale pertinenza del monastero di San Giorgio, il documento ne precisa anche la collocazione: nel Plaium Montis. Nel 1573 e' definita diruta e nel 1581 si apprende che il parroco di Santa Maria de Alimundo ha l'onere di celebrare una messa nel giorno di sant'Angelo, in quanto in tale chiesa era stato trasferito il beneficio di Sant'Angelo de Plaio Montis. Nel 1613 la struttura della chiesa non e' piu leggibile essendo stata inglobata nella costruzione di un palazzo privato.
Nel maggio del 991 Guido figlio di Guaimario e la moglie Aloara fondano a Salerno, in un loro terreno a meridione della via che conduceva a Porta di Elino, una chiesa sotto il titolo di San Michele. In un atto del 1198 la chiesa ricompare con il titolo di Sant'Angelo de Puteo. La precisa collocazione della cappella la ricaviamo dalla descrizione di una visita pastorale del 1573, in cui si dice trovarsi "attaccata al monastero di Santa Maria della Pieta". La chiesa versava in pessime condizioni e l'interno era stato trasformato in un pollaio.


47Martin 1992, pp.386-7.


Due anni dopo, vista l'impossibilita di riparare l'immobile, la cappellania di Sant'Angelo de Puteo e unita alla parrocchiale di Santa Maria di Portanova.
Nel 1039 compare per la prima volta il monastero "puellarum", dedicato a San Michele e Santo Stefano, costruito nell'Orto Magno. Della chiesa medievale non e rimasta traccia, l'attuale cappella si presenta a navata unica con quattro cappelle laterali ed il coro in controfacciata, secondo lo schema della controriforma. A meta del XVIII secolo viene commissionato al maestro marmorario Crescenzio Trinchese l'altare in marmi policromi ed i due comunichini. La chiesa e' arricchita con opere d'arte, come la tela raffigurante "la Pentecoste" per l'altare maggiore.
Interessante, poi, e la presenza a Salerno di chiese dedicate all'Arcangelo nei pressi di ben tre porte d'accesso alla citta'. Nei pressi della Porta Elina, che si apriva ad est, si trovava la chiesa di Sant'Angelo de Puteo. Nei pressi della Porta Nocerina, che si apriva sul lato ovest delle mura, sorgeva la chiesa di Sant'Angelo de Marronibus. In ultimo nei pressi della Porta Catena si trovava la chiesa di Sant'Angelo di cui resta memoria solo nella toponomastica. Difatti nei pressi del sito dove si ergeva la Porta vi e un vicoletto detto dell'Angelo. E' possibile che l'Arcangelo assuma in questi casi la connotazione di "guardiano" com'era avvenuto a Costantinopoli dopo aver salvato la citta' dagli attacchi nemici.
Interessante appare la doppia dedicazione, a San Michele ed a San Martino, che si rinviene in alcuni documenti riguardo un monastero che sorgeva nei pressi di Cava de'Tirreni in localita' Passiano 48, perche' anche la dedicazione a Martino era utilizzata in funzione antiariana 49. Jacopo da Varagine racconta nella sua Legenda Aurea che san Martino combatte l'eresia ariana sia a Pavia che a Milano, dove fondo anche un monastero. 

48 Due documenti conservati nell'Archivio della Badia di Cava dei Tirreni datati al 1079. Tale datazione appare indiscutibilmente tarda volendo vedere una funzione antiariana nella fondazione del monastero, ma si puo considerare che l'istituzione del suddetto sia precedente.
49Il Bognetti sostiene che deve essere sfatata l'opinione che il culto si sia diffuso in Italia a seguito della conquista franca. Vi e testimonianza che in Italia settentrionale, da cui il santo era passato, vi erano altrettante chiese a lui dedicate rispetto a quelle presenti in Gallia.

All'indomani della trasformazione di Sant'Apollinare a Ravenna da tempio ariano in chiesa cristiana (seconda meta del VI secolo), la figura di Teodorico fu sostituita proprio con quella del santo di Tour a cui venne anche intitolata la chiesa. Che la dedicazione a Martino avesse la funzione di abiurare l'arianesimo ci viene ricordata dalla una lapide di un missionario della meta del VIII secolo, conservata nella chiesa di San Giorgio di Filatteria. Al religioso, difatti, ai tempi del re Astolfo, era toccato il compito di frangere idola presso i presidi longobardi di Luni. Egli, tra le varie attivita', aveva fondato anche una chiesa dedicandola a Martino definito malleus hereticorum 50. Le figure di san Martino e di san Michele, quindi, sono entrambe connesse con la fine dell'arianesimo dei popoli germanici in Italia 51. Il Bognetti parla in questi casi di "dedicazioni tipiche", nel senso che sono utilizzati determinati santi rispetto alla necessita della comunita di fedeli ove viene eretta la cappella. Nel caso della lotta all'arianesimo le dedicazioni piu frequenti sono quelle di san Martino, san Michele, sant'Eusebio e sant'Ambrogio 52.
Anche la presenza di diverse tavole che ritraggono l'arcangelo c'indicano che il culto in citta era sempre molto seguito. Ne sono esempio la tela di conservata a San Giorgio.
L'iconografia di San Michele tra Oriente ed Occidente
Le attestazioni del culto a Salerno passano anche attraverso le tele e le tavole dedicate all'arcangelo.
Le prime rappresentazioni degli angeli 53 e degli arcangeli, nel periodo paleocristiano, li raffigurano con lunghe tuniche bianche e con in mano la verga, cosi come appaiono nei due edifici ravennati di San Vitale e SantfApollinare 54.

50 Bognetti 1967, p.333.
51Bognetti 1967, p.307
52Bognetti 1967 pp.305-345.
53 La letteratura apocalittica e profetica trasmette alcune descrizioni di angeli: ...vidi il Signore seduto su un trono...attorno a Lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due i piedi e con due volava (Isaia, 6,12), ed ancora ...al centro apparve la figura di quattro esseri animati che avevano sembianze d'uomo e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali... sotto le ali, ai quattro lati avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali e queste ali erano unite l'una all'altra...le ali erano spiegate verso l'alto, ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo...quando poi si fermavano e ripiegavano le ali (Ezechiele, 1, 23). La descrizione dei quattro esseri sembra esemplata sulle immagini alate assiro-babilonesi ed achemenidi, ritenuti servitori delle divinita' e posti a guardia di templi e palazzi. Gli angeli sono gia' presenti nelle antiche religioni orientali, nella religione zoroastriana esisteva la figura sia dell'angelo che dell'arcangelo. Suggestiva e la figura alata di Pasargade che indossa una lunga tunica drappeggiata cosi come erano rappresentati gli angeli nei primi secoli dell'era cristiana. L'immagine e dotata di quattro ali come le figure descritte da Ezechiele. Il bassorilievo si trova su un pilastro di una delle porte d'accesso a Pasargade; probabilmente, anche in questo caso, la figura alata ha il compito di proteggere la citta'.
Probabilmente la descrizione d'Ezechiele rimanda alla simbologia babilonese, essendo anch'egli tra i deportati a Babilonia.
Le descrizioni d'Isaia ed Ezechiele hanno avuto un'influenza determinante sull'arte medievale, in quanto il tipo d'angelo a quattro e a sei ali e presente in molte opere dell'epoca. Una delle prime rappresentazioni di questo genere si trova nel pannello dell'Ascensione dell'Altare di Ratchis, opera della prima meta del VIII secolo; due angeli dotati ciascuno di sei ali fiancheggiano il Cristo nella mandorla che e sorretta, a sua volta, da altri quattro angeli. Nelle rappresentazioni angeliche vi sono anche degli altri elementi che lasciano pensare ad alcune persistenze iconografiche orientali e nello specifico dell'area iranica. La presenza delle taenie tra i capelli sia degli angeli che degli arcangeli sembra rimandare al cushti, la sciarpa svolazzante, presente nelle raffigurazioni degli imperatori sassanidi (III secolo d.C.) e che ha un precedente nella rappresentazione del dio Bafal Shamin, figura centrale della triade palmirena (I secolo d.C.). Questo elemento iconografico sembra palesarsi dapprima nellfarte bizantina, intorno al IX secolo, per poi comparire in Occidente a partire dal XI secolo. Anche la verga angelica potrebbe trovare un progenitore nel barsom, fascio di verghe vegetali, utilizzato nel corso delle cerimonie religiose sia achemenidi che sassanidi. Si tratta solamente d'ipotesi, pure se una moneta del re partico Vonones (8/9-10/12 d.C.), riporta sul verso una figura alata con una verga fiorita in mano. Anche un sigillo di I-II secolo d.C., proveniente dalla citta di Balk nell'Iran orientale, riporta la medesima iconografia.

L'iconografia di san Michele inizialmente non si discosta da quella degli altri arcangeli. In seguito, a Bisanzio, le raffigurazioni piu consuete ritraggono san Michele in abiti imperiali. Egli indossa la clamide, solitamente purpurea, ed il loros decorato con pietre preziose. La figura, ieratica, quasi sempre frontale, ha le ali spiegate e regge in una mano il globo crucisegnato mentre nell'altra la verga o il labaro o la lancia. In questo tipo d'iconografia l'Arcangelo tiene la lancia parallela al corpo, in posizione di stasi 55. Questo modello iconografico inizia a diffondersi nel IX secolo con l'avvento della dinastia macedone 56. A questi tipi se ne aggiunge un terzo che trova la sua origine nella scena dell'incontro tra san Michele e Giosue' dinnanzi alle mura di Gerico ed e l'Arcangelo in abiti da guerriero. Egli indossa la lorica e la clamide, spesso non ha le ali e reca in mano la spada o la lancia crucigera. Uno dei primi esempi si trova in un pannello a mosaico in Santa Maria Maggiore. A queste immagini si aggiungono, in seguito, altre due rappresentazioni dell'Arcangelo: san Michele che uccide il drago ai suoi piedi e san Michele pesatore d'anime.

54Marabini C., 1981, p. 61,p.39.
55 Bertelli G.
56L'arte della Rinascenza Macedone e' un'arte imperiale, il suo intento e quello di stupire mostrando ricche decorazioni anche a scapito dell'uniformita' dello stile. Difatti spesso si trovano accostati elementi classici di matrice ellenistico- alessandrina con elementi siriaci, copti e paleo-bizantini.
De Franchovich G., 1984, p.37, Cutler A., Nesbitt N., 1989, pp.134-137;


Entrambi i modelli iconografici compaiono per la prima volta nella Grotta di Monte Sant'Angelo 57. Molto discussa e la loro datazione e genesi58. L'immagine dell'arcangelo nell'atto di uccidere il drago e' stata considerata influenzata dalla cultura carolingia e quindi ricollegata al restauro della Grotta garganica avvenuto nel 875 per interessamento di Ludovico. Questa immagine sembrerebbe derivata da un personaggio, ritratto su alcune stoffe copte di VI-VII secolo, che indossa una lunga tunica e regge in una mano una croce e nell'altra una lancia con cui sta uccidendo un drago ai suoi piedi. A questo si sarebbe ispirato anche un eroe mussulmano, il Khidr (= vincitore) del mostro a cui, altra analogia, erano dedicate le cime delle montagne 59. Si e' anche ipotizzato che quest'iconografia potesse derivare da un affresco, descritto da Eusebio, che ritraeva Costantino nell'atto di uccidere il drago 60. Anche per l'iconografia dell'Arcangelo pesatore d'anime, il bassorilievo del Gargano sembrerebbe la prima rappresentazione. Un unicum e rappresentato dall'icona in rame di Monte Sant'Angelo. L'Arcangelo, in posizione frontale, indossa una corta tunica che giunge sino alle ginocchia ed ha le ali spiegate. Regge con la mano sinistra un globo su cui e raffigurata la mano di Dio che benedice alla greca, la mano e compresa tra le lettere IC-XC. La mano destra e' alzata nell'atto di impugnare la lancia. Anche questo manufatto e' stato al centro di dibattiti per l'attribuzione cronologica 61. La tunica corta sembrerebbe suggerire che l'artefice sia stato influenzato dai costumi longobardi 62.


57In questo caso l'Arcangelo indossa una tunica drappeggiata, ma in seguito in questo genere di rappresentazione san Michele indossera' gli abiti militari.
58 La datazione di san Michele che uccide il drago e' stata al centro di molte discussioni. Il Tancredi ed il de Angelillis hanno ricondotto il bassorilievo garganico ai secoli IX-X ; secondo Rotili l'opera presenta forti analogie con l'Altare di Ratchis e quindi colloca l'opera al VIII secolo; al XI secolo lo riconducono La Belli d'Elia e la Salvatore.
59 AA. VV., 1967, p.438.
60Bertelli G., 1986, p.146.
61La sua cronologia ha oscillato tra il V-VI secolo ed il XIII. Tancredi ha ipotizzato essere un prodotto bizantino di V secolo; anche Angelillis ha ricondotto il manufatto al V secolo; Sansone lo ha invece collocato nell'arco del XIII secolo. F. Avril e J.R. Gaborit hanno datato il pezzo al XII-XIII secolo; Salvatore ha attribuito il manufatto al XI secolo mentre Berteli, basandosi su un'analisi stilistica ed iconografica, lo ha ricondotto all'XI secolo.
62La prof. Bertelli accosta la tipologia dell'abito di san Michele con quella dei personaggi del Codex Legum Langobardorum. Nelle miniature del Codex appaiono sia personaggi regali che cortigiani con indosso corte tuniche e mantelli fermati sulle spalle. Ella accosta l'iconografia dell'Angelo garganico a quelle delle due icone conservate nel Tesoro di San Marco a Venezia ed entrambe attribuite al XI secolo. Bertelli G., 1986, p.149-153.

L'immagine appare quindi frutto di una contaminazione tra l'iconografia consueta di san Michele e la cultura longobarda 63. Nella Grotta di San Michele a Caselle in Pittari nel Cilento, si rinviene un bassorilievo, praticamente inedito, raffigurante l'Arcangelo nell'atto di uccidere il dragone 64. I tratti fisionomici avvicinano l'esempio salernitano a quello garganico.
A queste rappresentazioni che potrebbero definirsi di tipo iconico e devozionale vanno aggiunte le raffigurazioni dei miracoli operati dall'Arcangelo, che solitamente sono l'apparizione a Giosue' ed il miracolo di Chonae 65. Anche in questi casi la figura dell'Arcangelo e' sottoposta a determinate regole iconografiche. Nell'apparizione a Giosue', come gia' detto, l'Arcangelo e' un guerriero ed appare sfoderando la spada; nella scena di Chonae l'Arcangelo e' appena giunto sulla scena, si deduce dalla tunica ancora gonfia per il vento e dall'ala sinistra piegata all'indietro, Egli tiene nella mano la verga con cui devia i fiumi. Gli altri miracoli attribuiti all'Angelo di Dio ossia l'Arcangelo Michele, sono rappresentati in minor misura e gli unici esempi, entrambi d'area bizantina, provengono dalle Omelie di Gregorio Nazianzeno e dalle porte bronzee della Grotta di Monte Sant'Angelo.
L'iconografia, inizialmente bizantina, dell'Arcangelo in abiti imperiali si diffonde in Italia e nello specifico nel meridione a partire dalla meta del XI secolo dove, nel corso del XII secolo, diviene una stanca ripetizione del modello. Vi e' un unico esempio di X secolo proveniente dall'Abbazia di Santa Maria de Olearia 66, dove entrambi gli Arcangeli indossano ricche vesti imperiali.


63Bertelli G., 1986, p.149.
64 Il pezzo e stato segnalato in una pubblicazione sul monachesimo nel salernitano. Caffaro A., 1996, p.225
65 Le porte bronzee della Grotta di Monte Sant'Angelo riportano, attribuendoli a san Michele, anche i miracoli dell'Angelo di Dio. L'artefice quindi ha fatto sue le teorie di Michele di Syncelle e del diacono Pantaleone.
66L "Istoria della citta e della costiera d'Amalfi", del Camera, riporta che un umile romita intorno l'anno 973 si era ritirato in un antro, definito tetro e profondo, per condurvi vita di preghiera e penitenza. L'anacoreta non era amalfitano, viene definito greco ma probabilmente doveva provenire dalla Calabria. L'eremita, di nome Pietro, era accompagnato dal nipote Giovanni ed entrambi si sostenevano lavorando e vendendo poi ad Amalfi stuoie, canestri ed altri manufatti intrecciati. I due, probabilmente monaci di culto greco-bizantino, costruirono nella grotta una piccola edicola dedicata a "Santa Maria de Dolearea"; nella dedicazione e compreso il toponimo della zona, dove si trovava la grotta, in quanto ricco d'oliveti con trappeti. Alla morte di Giovanni, avvenuta in santita', il romitorio comincio ad ospitare un maggior numero d'eremiti. I monaci non trovando lo spazio necessario costruirono anche al di fuori della grotta. La laura, a questo punto, inizio a trasformarsi in cenobio di cui il primo abate fu un certo Taurus.
Il complesso dell'Olearia e costituito da tre cappelle sovrapposte. Al primo livello si trova l'ambiente denominato "Cripta o Catacomba". La sua costruzione e probabilmente da ascrivere all'insediamento dei due eremiti.Gli affreschi di quest'ambiente sono riconducibili al X secolo. La Cappella principale sovrasta la "Cripta". Questo ambiente ospita gli affreschi 
piu tardi dell'intero complesso (XII secolo). Al di sopra si trova la piccola cappella di San Nicola affrescata con scene della vita del Santo (XI secolo).

Questa anticipazione puo' trovare una spiegazione nel fatto che i religiosi di questa istituzione seguivano il rito greco e l'Abbazia gravitava, quindi, nell'orbita culturale bizantina.
Il Museo Diocesano custodisce due opere provenienti dal monastero di San Michele e della chiesa di San Pietro in Vinculis.
L'opera proveniente dal monastero di San Michele, datata intorno al 1520 e realizzata da Andrea Sabatini, faceva parte di un trittico scomposto. L'iconografia descrive la scena in cui l'arcangelo, in vesti guerriere, sconfigge il demonio.
La tavola di San Pietro in Vinculis e' stata attribuita al pittore Cristoforo Scacco. L'opera, datata agli inizi del XVI secolo, combina l'iconografia dell'Arcangelo come "pesatore dfanime" con quella del guerriero che sconfigge il demonio.
Nella chiesa di San Giorgio e conservato un dipinto di Francesco Solimena, datato al 1692. La scena sembrerebbe combinare l'iconografia di san Michele e Giosue' dinnanzi alle mura di Gerico con il miracolo di Chonae. Nell'opera del Solimena l'arcangelo irrompe sulla scena da destra brandendo la spada, le sue vesti sono mosse dal vento ed ha ai suoi piedi i corpi di tre soldati.

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